Orientamento nella vita: adolescenti e scelte future

Gli anni scolastici appena trascorsi, caratterizzati dalla Didattica a distanza, hanno accresciuto, negli adolescenti, sfiducia nel futuro, senso di incertezza e difficoltà di orientamento. Invece di prendere in mano la propria vita e costruire un solido progetto esistenziale, essi si mostrano incapaci di scelte definitive e durature.

L’orientamento lungo tutto l’arco della vita

Da tempo ormai, in particolare dalla fine del XX secolo, le questioni educative hanno iniziato a svolgersi entro la nuova cornice della società globale, in cui popoli e culture sono caratterizzati da interdipendenza e in cui le problematiche sono divenute sempre più vaste e complesse. In questo panorama, gli organismi sovranazionali, come ad esempio l’Unione Europea e l’ONU, hanno ritenuto indispensabile assumere un ruolo significativo nell’influenzare le politiche dell’istruzione di tutti gli Stati membri, soprattutto in materia di orientamento. Il loro forte interesse per la scuola e la formazione si inserisce in una riflessione politica ampia, legata alla necessità che l’Occidente e l’Europa siano adeguatamente attrezzati per reagire alle grandi sfide e ai cambiamenti del tempo attuale.

In particolare, ci si riferisce all’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) e ai documenti emanati dalla Comunità Europea.

In un documento del 1995 emanato dall’Unione europea, il Libro bianco sulla formazione, viene illustrato il nuovo modello culturale della contemporaneità: la “società della conoscenza”, un ideale di società basata non soltanto sulla ricchezza economica e produttiva, ma anche sul valore strategico della conoscenza. “La società del futuro sarà una società conoscitiva. […] È attraverso l’istruzione e la formazione che gli individui si renderanno padroni del loro futuro e potranno realizzare le loro aspirazioni.” (Libro bianco su Istruzione e formazione, pag. 3)

Il principale elemento in grado di dare vita e permanenza alla nuova società della conoscenza è l’intendere l’apprendimento come un percorso lungo quanto l’arco della vita. Ciò sarà reso possibile innanzitutto dal costruire orientamento in autonomia, ovvero dal saper dirigere efficacemente i propri passi verso la costruzione di un personale progetto di vita, acquisendo capacità di scelta e consapevolezza dei propri interessi e risorse.

L’orientamento al Consiglio dell’Unione Europea

Fino a pochi anni fa, per orientamento si intendeva solamente l’attività di consulenza e di guida alla scelta di una scuola o di una professione corrispondenti il più possibile alle attitudini di un soggetto. Oggigiorno, invece, si pone l’accento soprattutto sulle capacità dell’individuo di costruire solidamente il proprio futuro, secondo la nuova visione dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2004. “L’orientamento è l’insieme delle attività che mettono in grado i cittadini di ogni età, in qualsiasi momento della loro vita, di identificare le proprie capacità, le proprie competenze e i propri interessi, di prendere decisioni in materia di istruzione, formazione e occupazione nonché di gestire i propri percorsi personali di vita nelle attività di formazione e nel mondo professionale.” (Consiglio Unione Europea 2004, pag. 2)

I NEET

Sembra, però, che costruire un proprio progetto di vita oggi non sia così scontato. Esiste, infatti, una popolazione molto numerosa, i cosiddetti NEET (Not in Education, Employment or Training), destinata inesorabilmente, stando agli ultimi dati, ad aumentare. Si tratta di coloro che non sono impegnati in percorsi educativi, formativi e non hanno alcuna occupazione lavorativa.

Solo in Italia ci si aggira attorno ai due milioni di giovani compresi fra i 15 e i 29 anni, un numero enorme. Da un recentissimo rapporto OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) sembra che il nostro Paese sia addirittura ai primi posti in Europa.

L’acronimo compare per la prima volta nel 1999 nel Regno Unito, in uno studio governativo della Social Exclusion Unit con l’obiettivo di analizzare tutte quelle situazioni “a rischio” e in una tale condizione di esclusione da favorire l’avvio di carriere criminali. Nel 2002, sempre nel Regno Unito, i sociologi J. Bynner e S. Parsons riprendono il termine in un articolo dal titolo “Social exclusion and the transition from school to work: the case of young people not in education, employment of training” – Esclusione sociale e transizione dalla scuola al lavoro: il caso dei giovani non impegnati in istruzione, impiego e formazione. Essi interpretano il fenomeno di coloro che non cercano né lo studio né un impiego lavorativo come una delle conseguenze della mancata volontà di responsabilizzarsi a causa delle difficoltà nella transizione alla vita adulta.

La Didattica a Distanza (DAD)

È doveroso dire che le cause di questo drammatico fenomeno sono numerose, sia sociali che politiche che educative; tuttavia, la recente pandemia ha giocato senza dubbio un ruolo fondamentale nell’aggravamento del problema. Nel secondo trimestre 2020 i NEET in Italia sono saliti al 23,9% contro il 21,2% del secondo trimestre 2019.

Il dossier periodico “Education at a glance” dell’OCSE ha rilevato di recente, per quanto riguarda il nostro Paese, il nesso fra didattica a distanza e crescente difficoltà di orientamento dei giovani. Infatti, in Italia, in cui le lezioni a distanza sono state attivate in misura maggiore e più a lungo rispetto agli Paesi europei, l’aumento è stato più accentuato rispetto al resto d’Europa (addirittura + 10 punti nel 2020).

È stata messa in evidenza più volte l’importanza della scuola in presenza come luogo stimolante di incontro e di vita, ambiente positivo di confronto attivo, contatto, dialogo, scambio e orientamento. La scuola non più mero luogo di trasmissione di contenuti, ma spazio di vera conoscenza e di organizzazione del sapere, di benessere, di crescita psicologica e di maturazione, di scoperta della propria passione.

La Dad ha causato la perdita irrimediabile di grandi opportunità ed esperienze culturali e relazionali e non è mai riuscita a raggiungere l’intensità di una scuola vera. Il clima generalizzato di paura creato dalla pandemia, oltretutto, ha fatto sì che la speranza di guardare lontano e di poter costruire un futuro venisse meno in tanti dei nostri ragazzi. Il senso di inutilità nei confronti di un progetto di vita ad ampio raggio si è aggiunto a disagi giovanili preesistenti, inerenti le capacità decisionali e di assunzione di responsabilità.

Trovare una vocazione

Eppure “l’uomo ha invero un carattere peculiare, può esistere solo nella visuale del futuro” ci dice il grande neurologo, psichiatra e psicoanalista viennese Viktor Frankl, sopravvissuto ai campi di concentramento (Frankl V, 2017, pag. 91).

Costruire un proprio progetto e portarlo avanti con tenacia e coraggio, nonostante le difficoltà, consente di dare un significato profondo e appagante alla propria esistenza. “Guai a chi non trova più uno scopo di vita, non ha un contenuto di vita, non scorge nessuno scopo nella sua esistenza; svanisce il significato del suo essere e perde ogni senso anche la resistenza.” (Ibidem pag. 95)

“Ognuno ha la propria specifica vocazione o missione nella vita e vuole o deve raggiungere un obiettivo concreto e specifico. In questo senso, non può prendere il posto di nessuno e nessuno può prendere il suo posto.” (Ibidem, pag. 123)

Scoprire la propria vocazione è un passaggio necessario e indispensabile nella vita per poterle dare un senso e l’istituzione scolastica dovrà tornare a essere un luogo completo di formazione e orientamento in cui sviluppare passione e scoprire aspirazioni e talenti. “Cercarsi un fine. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null’altro che d’essere uomo.” (Don Milani: Lettera a una professoressa, pag. 94)

Dominique Tavormina